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Alla Taverna del Duca il conto è “libero” E una parte va in beneficenza – di Sandro Romano. Pubblicato su italiaatavola.net

Alla Taverna del Duca di Locorotondo (Ba) il mercoledì sera spetta al cliente la scelta di pagare quanto ritiene giusto, e il ricavato andrà in parte in beneficenza. In questo ristorante di cucina tradizionale non si serve la Coca Cola, è bandita la besciamella e si disprezza la panna.
LOCOROTONDO (BA) – I fornelli e il banco di lavoro della cucina di Antonella Scatigna (nella foto), chef e titolare de “La Taverna del Duca” di Locorotondo, sono un tutt’uno con i 28 posti a sedere del suo ristorante; una disposizione che ricorda molto quei monolocali al pian terreno in cui la gente del luogo vive e accoglie amici e parenti. Allo stesso modo Antonella accoglie i suoi clienti offrendo, in un’atmosfera conviviale, un menù essenziale, nel quale i piatti cambiano ogni giorno e sono sempre rigorosamente legati alle tradizioni della Valle d’Itria.

Fin qui nulla di nuovo, considerando il tipo di ristorazione che questa terra è in grado di offrire ai turisti. Antonella Scatigna, però, va raccontata perché è una ristoratrice quanto meno anomala, persino ‘diversa” direi; una donna sempre pronta a difendere le sue scelte, sempre attenta a non raccontare alcuna bugia (almeno nel piatto). Nonostante la concitazione delle sue giornate (nella sua taverna fa tutto lei, dalla cucina al servizio ai tavoli) riesce a non farsi travolgere da tutto ciò ma, da persona attenta, sceglie di destinare in beneficenza, ogni santo giorno, l’incasso dei primi due clienti per la costruzione di un orfanotrofio in Congo; inoltre, chiude i battenti per due mesi all’anno e si reca in Africa per aiutare i bambini meno fortunati.

«Dopo aver conosciuto Suor Rosangela, che opera con ‘Agata Smeralda” in una missione a San Pedrò – mi racconta Antonella – dentro di me si è acceso il desiderio di visitare questa realtà. Decisa come non mai, ho cominciato i preparativi, preso informazioni su viaggio, vaccinazioni, visto, biglietto aereo. In molti hanno tentato di farmi cambiare idea, ma sono stata irremovibile, nonostante l’ansia di affrontare questo viaggio da sola, in terra d’Africa».

In questo ristorante non si serve la Coca Cola, è bandita la besciamella e si disprezza la panna, ma la cosa incredibile è che Antonella vive – me lo ha confidato lei – un vero disagio nel prendere i soldi dopo aver presentato il conto.

E allora, siccome una ne pensa e cento ne fa, dal 23 novembre ha pensato di destinare anche parte dei proventi del mercoledì sera, lasciando al cliente la scelta di pagare quanto ritiene giusto, senza presentargli un conto e consentendogli di decidere autonomamente quanto vale il suo lavoro.

Le ho chiesto il perché di questa coraggiosa scelta: «Mi piacerebbe sapere se quello che chiedo è vicino alle aspettative del mio cliente – mi ha risposto Antonella – quando porgo il conto mi vi viene di domandare ogni volta quanto riterrebbe giusto pagare». E’ da questo strano rapporto che ho con il denaro che è partorita l’idea. Ogni mercoledi offrirò, agli avventori del mio locale, l’opportunità di pagare la cifra che reputano più opportuna. E’ da tanto tempo che volevo farlo ed ora, grazie all’incoraggiamento del mio amico Vanni, l’idea si è concretizzata e parte del ricavato di questa iniziativa sarà devoluto al ‘Progetto Agata Smeralda” orfanotrofio di Katana in Congo”».

Provo a provocarla: «E se qualcuno mangiasse un antipasto, un piatto di orecchiette con le cime di rape, un secondo e un dolce della casa lasciando alla cassa un solo euro?». Ma lei, tranquilla: «Certo, la possibilità di pagare liberamente potrebbe stimolare le astute fantasie di avventori poco corretti che, al richiamo del paga ciò che vuoi, potrebbero approfittare della situazione; ma c’è da sperare che anche questi ultimi, con la mano sulla coscienza e la consapevolezza che parte dell’incasso andrà devoluto in beneficenza, si prodigheranno a lasciare almeno il giusto».

Antonella, andando contro i suoi stessi interessi, è quel tipo di persona che ti consiglia caldamente di non esagerare con le ordinazioni perché le sue porzioni sono abbondanti e per lei è un vero e proprio colpo al cuore dover buttare qualcosa; preferisce rimetterci economicamente piuttosto che sprecare qualcosa che ha cucinato con passione, bravura e semplicità; ma è anche il tipo di persona capace di chiudere il ristorante all’orario stabilito senza guardare in faccia a nessuno, difetto che i clienti non gradiscono. E meno male: si sa, nessuno è perfetto.

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